Come nasce un’eccellenza: la storia del Sassicaia
Un sogno nel cassetto, una visione lungimirante e un terreno unico in tutta la Toscana furono gli ingredienti per la nascita del Sassicaia. Dalla Costa degli Etruschi uno dei vini migliori del mondo.
È una storia recente quella del Sassicaia, uno dei vini toscani più conosciuti e apprezzati nel panorama enologico mondiale, che nasce sulla scia di una visione così lungimirante da essere sembrata, inizialmente, folle. Questo vino, la cui produzione è regolata da procedure e tempi precisi, è stato il primo prodotto italiano ad avere una denominazione DOC riservata, la Bolgheri Sassicaia, di competenza di un’unica cantina ormai famosa quanto il vino stesso: la Tenuta San Guido. Solo il terreno della tenuta è in grado di produrre il vero Sassicaia, ed è l’unico titolato a farlo, dando vita a quello che viene a ragion veduta considerato il patriarca dei vini Supertuscans. Quando il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, allora studente, decise di mettere a frutto la sua passione per il vino, lo fece nel tentativo di dar vita ad un “bordolese toscano”, un prodotto che fosse alla pari degli ottimi vini di Bordeaux. La duplice sfida consisteva nel produrre un simile vino in un territorio, la Maremma e in particolare la Costa degli Etruschi, che era ancora ben lontano dall’essere associato alla produzione vinicola.
Nella storia del Sassicaia ci sono state più svolte decisive che ne hanno decretato la fama, e la prima arrivò quando il Marchese sposò Clarice della Gherardesca, che portò in dote proprio la tenuta di San Guido, quella stessa località che Giosuè Carducci cantò per la bellezza delle sue campagne e del viale di cipressi che vi conduce. Rispetto alle altre terre precedentemente coltivate a vite dal Marchese, il terreno di San Guido presentava una particolarità: era un terreno sassoso, una sassicaia, così simile alle terre di Bordeaux da recare in sé l’occasione perfetta per una produzione innovativa, fatta di coltivazioni insolite, vitigni francesi (Carbernet Sauvignon e Cabernet Franc) e invecchiamento in botte. Quest’ultimo elemento fu decisivo: a partire dagli anni Quaranta del secolo scorso prese il via la produzione del Sassicaia, costituita da poche bottiglie destinate all’uso famigliare, che riposavano nella cantina di Castiglioncello in attesa di essere bevute.
Così, il Marchese si accorse che invecchiando il vino migliorava notevolmente: si pensi che oggi il regolamento per la sua produzione prevede che venga lasciato invecchiare non meno di due anni, di cui una parte destinati all’affinamento in barrique. Si iniziava a delineare il profilo di un vino superiore, “di lusso”, destinato alle tavole di famiglie agiate che potevano permettersi il gusto dell’attesa, al contrario di chi, con la vendita del vino, doveva sopravvivere. Il Sassicaia rimase entro i confini della tenuta fino al 1968, anno della sua commercializzazione. Nei successivi dieci anni la sua fama crebbe, fino al 1978 quando arrivò la seconda svolta, quella decisiva. Il vino fu inserito in una degustazione alla cieca sui più importanti Cabernet organizzata dalla rivista inglese “Decanter”. Ad essere eletto il migliore del mondo fu, con grande sorpresa, proprio il Sassicaia, e nello specifico la sua annata del 1972.
Da qui, il successo planetario ebbe la strada spianata.
Oggi il Sassicaia è considerato uno dei vini più pregiati in tutto il globo, tutelato da un disciplinare che ne definisce la zona di produzione e ne regola la composizione (alla cui base deve esserci almeno un 80% di Cabernet Sauvignon) e i tempi di invecchiamento. Con il suo rosso intenso e il profumo pieno ed elegante, questo vino è un compagno di pasti gustosi, sposato alle migliori carni rosse toscane, e protagonista indiscusso di degustazioni eccezionali e giornate indimenticabili nell’unico luogo al mondo che lo produce, la Tenuta San Guido nella Costa degli Etruschi.